Il Gioco Universale

Pubblicato: 4 luglio 2013 in Filosofia ludica
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Circa un secolo fa, il matematico e astronomo Henri Poincarè si poneva una domanda fondamentale:“Come mai la realtà più accettabile per la scienza è sempre una realtà che un bambino non potrebbe capire?

Ai giorni nostri sembra fargli eco lo scrittore Robert Pirsig: “Ma è davvero inevitabile che la realtà sia qualcosa di comprensibile soltanto ad un piccolo drappello di fisici di genio? Ci si aspetterebbe che venisse compresa, se non da tutti, almeno da una buona maggioranza di persone normali. Non è proprio possibile esprimerla altro che con simboli accessibili solo a chi ha una laurea in matematica?

Deve proprio essere una cosa che cambia da un anno all’altro, man mano che vengono formulate nuove teorie scientifiche? E sulla quale possono sorgere dispute interminabili tra scuole di fisica di diverso orientamento, senza mai giungere ad una soluzione definitiva, in un senso o nell’altro? Se la risposta è sì, è giustizia rinchiudere d’autorità una persona in manicomio perché “non dimostra un’adeguata comprensione della realtà”? Perché allora non essere rinchiusi in manicomio tutti quanti, meno quello sparuto drappello di fisici? Chi sono i matti, qui, e chi i sani di mente?                                  

 

Il problema sembrerebbe risolto se la realtà fosse quella ben più semplice che ci viene insegnata in gioventù al catechismo, quella che leggiamo nella Bibbia e che chiunque è in grado di capire.  Ma anche qui sorgono delle complicazioni: le nuove scoperte scientifiche sull’origine del mondo, dell’universo, dell’uomo, della mente e della coscienza relegano la versione biblica nel migliore dei casi, su un piano più metaforico che reale, mentre nuovi ed approfonditi studi esegetici stanno facendo affiorare numerosi e secolari errori di traduzione dagli originali testi in antico ebraico, interpretazioni palesemente ad hoc, e via dicendo.

E del resto, se le sacre scritture andassero prese effettivamente alla lettera ed adottate fedelmente come unica verità assoluta, come si potrebbero effettivamente conciliare la Bibbia con il Corano, ed entrambi con i Veda o i Sutra o gli antichi testi Taoisti?

Certo, quelle appena viste sono tutte domande più che legittime in un mondo dove Scienza e Religione dettano legge, l’una su ciò che è dentro il mondo materiale e l’altra su ciò che dovrebbe esserne fuori …

Da sempre scienziati e teologi si sono accostati alle massime questioni filosofiche dell’esistenza da posizioni diametralmente opposte. Infatti la più grande differenza tra i due sistemi, sta nel fatto che la religione propone tutta una serie di dogmi considerati verità immutabili e pertanto immodificabili, mentre la scienza (che si basa sull’osservazione e l’esperimento) si pone costantemente in crisi per trovare nuove e più soddisfacenti risposte. Entrambe però non sono esenti da difetti: da un lato, la religione  con le sue verità rivelate è stata molto spesso strumentalizzata dall’uomo per giustificare violenza e brutalità (ad esempio nelle guerre sante) e dall’altro lato la scienza che è stata trasformata dall’uomo in un vero e proprio culto (come avvenne con il Positivismo di metà Ottocento). Soprattutto, entrambe stanno certamente perdendo, in un modo o nell’altro, il loro ruolo di guide sicure nelle nebbie del soggettivismo e del relativismo esistenziale …

E quindi? Sembra quasi che l’eterno dissidio Scienza-Religione non arrivi a risolversi né in un senso né nell’altro. Ma è veramente così insuperabile un tale dissidio? E’ possibile concepire una religiosità più vicina al metodo scientifico e una scienza più spirituale e meno materialista? Aveva forse ragione Einstein quando asseriva che ‘la scienza senza la religione è zoppa e la religione senza la scienza è cieca?

cosmo

Scienza e Religione sono davvero due motivi paralleli che percorrono le nostre vite senza mai incontrarsi, oppure non sono altro che facce diverse di una stessa medaglia, diversi ingredienti che, ciascuno con la sua dose, costituiscono un’unica miscela, una pozione magica che, se ben preparata, riuscirà a tirarci fuori dai guai restituendoci come per incanto un ruolo e uno scopo in un mondo che sembra poter benissimo fare a meno di noi, della nostra coscienza, della nostra intelligenza, dei nostri desideri e dei nostri sentimenti? Ebbene, potrebbe essere proprio la ricerca di una tale pozione magica (capace di estrarre e mescolare il meglio di ciò che scienza e fede hanno da dirci, per poterle poi superare entrambe) la nuova avventura che attende la ragione umana dietro l’angolo del nuovo millennio, un viaggio che probabilmente dovrà iniziare tra le pieghe più nascoste della realtà, per giungere alle estreme frontiere di ciò che è oggi possibile coerentemente pensare e credere di un Universo che sembra divertirsi con noi coinvolgendoci in un enorme, immenso Gioco, dove ogni cosa rimanda ad un’altra, dove onde rincorrono altre onde… un gioco che forse, prima o poi, ci accorgeremo di aver giocato con noi stessi.

Quindi come diceva Nietzsche (grandissimo filosofo tedesco dell’800), l’uomo deve trasformarsi nell’Oltreuomo (rappresentato dal fanciullo) e vivere la vita come un gioco creativo senza aver paura di fronte al “mare aperto” delle possibilità del mondo; senza costruirsi illusioni o menzogne metafisiche.  Dopotutto, come viene rivelato da  il Premio Nobel Manfred Eigen e la sua collaboratrice Ruthild Winkler, nel libro Il Gioco – Le leggi naturali governano il caso (Adelphi), la formazione della materia, il suo organizzarsi in strutture viventi e persino il comportamento sociale dell’Uomo, sono il frutto di un grande gioco che ha avuto inizio con l’origine dell’Universo. “Il gioco è un fenomeno naturale che ha guidato fin dall’inizio il corso dell’Universo: la formazione della materia, il suo organizzarsi in strutture viventi e perfino il comportamento sociale degli uomini… Caso e regole sono gli elementi costitutivi del gioco: iniziato all’origine da particelle elementari, atomi e molecole, viene portato avanti ora dalle nostre cellule cerebrali  Non è l’Uomo, quindi, che ha inventato il Gioco; è invece il Gioco e solo il Gioco che rende compiuto l’Uomo”

nietsche

Alle soglie del terzo millennio, in una contingenza storica che ci vede messi alle strette da una moltitudine di urgenti problemi ecologici, sociali, politici, economici ed umanitari, è più che mai necessario prendere coscienza della nostra esatta collocazione nell’Universo che ci sovrasta, individuare in quale preciso punto dell’eterna competizione tra Caso e Necessità ci è concesso di gettarci nella mischia, di prendere in mano le redini della partita per condurre il gioco a buon fine. Come sottolinea il già citato Manfred Eigen:Dovremmo capire che né l’uomo è un errore della natura né è scontato che la natura provveda in modo automatico alla sua conservazione. L’uomo è partecipe di un grande gioco, ma potrebbe trovarsene fuori. Egli deve sviluppare tutte le sue capacità per affermarsi come giocatore e per non diventare lo zimbello del caso”. Scienza, religione, arte, letteratura, filosofia, tutti i pilastri della conoscenza e della creatività umana sono solo pedine sulla scacchiera della realtà: spetta solo a noi saperle muovere con astuzia e saggezza, nel rispetto delle Regole del Gioco. Ognuno di noi deve quindi fare del proprio meglio, esprimere le proprie abilità e unicità e partecipare a questo immenso Gioco cercando di lasciare la propria, inimitabile, impronta nel migliore dei modi.

Insomma, non ci resta che giocare …

RINGRANZIAMENTI:

Il gioco Infinito di A. Pluchino (1997).

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